07/03/10

“Invictus”, l’Invincibile di Clint Eastwood, Morgan Freeman e Matt Damon.

 Nelson Mandela (interpretato nel film da Morgan Freeman) consegna la Coppa
del Mondo di Rugby del 1995 nella mani di François Pienaar (interpretato da Matt Damon)

Se vi dicessi che non mi sono emozionato guardando quelle immagini, che non ho avuto un brivido lungo tutta la schiena ascoltando quei suoni, quelle musiche, e che non mi si è fatta la pelle d’oca ammirando stupefatto l’eccellente interpretazione di Morgan Freeman nei panni di Madiba, Nelson Mandela, commetterei un’ingiustizia nei confronti dei miei sentimenti ed occulterei le sensazioni di una splendida serata passata al cinema. Aspettavo da tempo di vedere l’ultimissimo capolavoro di Clint Eastwood, il cowboy di Sergio Leone, che da un po’ di anni a questa parte non sbaglia una pellicola; ed anche con “Invictus” ha saputo rimarcare tutta la sua esperienza e professionalità conducendo morbidamente lo spettatore verso una storia fatta di sport e comprensione, di riscatto e fratellanza, di unione ed amicizia. Le premesse non hanno deluso le aspettative; lo spettatore, grazie alla maestria di un eccellente cast e di un superbo regista sulla macchina da presa, può infatti rivivere, con indescrivibile realtà, quel pezzo di storia del Sudafrica chiamato Coppa del Mondo di Rugby del 1995, prima migliore occasione per superare la vergogna dell’apartheid.
  
“Invictus, l’Invincibile, si apre con le immagini della liberazione di Nelson Mandela nel 1994; dopo aver scontato 27 anni di carcere per le sue lotte anti-apartheid, aver vinto il premio Nobel per la pace, ed essere uscito vincitore dalle prime elezioni libere del suo Paese devastato dalla discriminazione razziale, Madiba ha un solo sogno: riunire il popolo del Sudafrica e creare la “Rainbow Nation”. La Coppa del Mondo di Rugby che nel 1995 si tiene per la prima volta in Sudafrica gli appare un’occasione formidabile per riunire il popolo e creare la nazione arcobaleno. 

E’ un intuizione geniale, un’illuminazione che all’inizio sconcerta molti ma che si rileva essere molto convincente soprattutto quando Madiba coinvolge François Pienaar, il Capitano degli Springboks (interpretato sulla schermo da Matt Damon), squadra di bianchi (in cui non a caso c’è un solo giocatore nero) che non sta passando un bel momento. Le “antilopi” (gli springboks) perdono partite su partite, sentono che la loro nazione bianca è finita ed è qui che interviene Mandela che convoca a palazzo Pienaar e, tra una tazza di tè e uno scambio di opinioni secondo il suo stile semplicissimo, gli spiega il valore storico di una eventuale vittoria e lo investe della sua missione. François Pienaar accetta l’incarico ed inizia a condurre la propria squadra verso un processo di redenzione; porta tutti in una township nera a far conoscere ai bambini di colore lo sport del rugby, in un ospedale, a visitare i carcerati di Robben Island. “I tempi cambiano e dobbiamo cambiare anche noi” dice alla sua squadra che non accetta di buon occhio il cambio di rotta del suo Capitano.

“La nazione arcobaleno comincia da qui. La riconciliazione comincia da qui. Anche il perdono comincia da qui” dice Madiba a chi crede che sia tutto una follia. Eppure funziona; gli Springboks vincono partite su partite, l’intero Paese si innamora e si apprestano a giocare la finale contro i temutissimi All Blacks neozelandesi. E’ qui che Mandela tira fuori l’asso dalla manica ed invia a François Pienaar una lettera nella quale scrive “Invictus”, il poema di William Ernest Henley studiato durante i suoi anni di prigionia: “Sotto i colpi d’ascia della sorte, il mio capo sanguina, ma non si china…Non importa quanto stretta sia la porta, quanto piena di castighi la vita. Io sono il padrone del mio destino. Io sono il capitano della mia anima”.

Il 24 giugno del 1995 nell’Ellis Park Stadium di Johannesburg, davanti a 62mila spettatori, si compie qualcosa che nessuno si aspettava: in una finale al cardiopalma gli Springboks battono i leggendari All Blacks e pongono la prima pietra per edificare il nuovo Sudafrica. La storia si ferma ed avviene il miracolo, bianchi e neri festeggiano insieme per la prima volta e Madiba, in tenuta verdeoro, consegna la Coppa nelle mani di Pienaar che alzandola al cielo ringrazia l’intero Sudafrica dicendo: “siamo stati una squadra di 43 milioni di persone”.

Madiba ci aveva visto giusto allora; lo sport sarebbe potuto essere e fu quel veicolo attraverso il quale raggiungere l’unione, la fratellanza, l’integrazione, attraverso il quale dimenticare quegli anni di segregazione e disgregazione costruendo tutti insieme un nuovo Paese e cantando tutti insieme un unico inno: Nkosi Sikelel' iAfrika che in lingua xhosa significa “Dio protegga l’Africa”. 

27/02/10

Pensieri al vento: tutto ha una fine, tutto ha un inizio.

Tutto ha una fine; ci si attracca alla bitta, si lascia che il sale bruci le ferite, ci si richiude in se stessi per non sentire il male, il dolore, che lacera le guance e scalfisce il cuore. Ci si sente come se tutto quello fatto in tanti anni di attività non fosse servito, come se il tempo fosse passato in fretta come un millesimo, come se le giornate di lavoro e di estenuante fatica non abbiano per nulla temprato quel sogno di gloria.

Ci si attacca agli specchi, al passato, a quella strana voglia di ricordare i vecchi successi, un anniversario importante, un vecchio status. D’altro campo forse, a pensarci bene, è l’unica cosa che resta da fare, è l’unico baluardo che rimane da sventolare, come un ricordo ormai ingrigito che si tenta a tutti i modi di ravvivare e rianimare. 

Cosa resterà, mi chiedo, di questa 33esima edizione della Coppa? Quali ricordi avremo tra dieci o vent’anni? Credo molti, più di quanti ne possiamo immaginare, più di quanti ne abbiamo solitamente sforzandoci a ricordare. Per adesso però non ci è dato sapere, forse vogliamo soltanto buttarci tutto alle spalle e guardare al futuro, a quella che sarà la competizione pura, l’adrenalina, che un’ennesima edizione della Coppa saprà come di consueto regalare.

Questo sperando che tutto non finisca dissolto in una bolla di sapone, che non rimanga eternamente attraccato a quella bitta ma che riparta, anche nella prossima sfida, come un circolo naturale che parte passa per la fine e riparte dall’inizio.

24/02/10

Pensieri al vento: l’urlo (o l’insulto) liberatorio...

"Urlo" di Edvard Munch, 1893

Se all’improvviso ti ritrovi in una zuffa in cui poco centri e dalla quale ti vorresti repentinamente allontanare, ma scorgi che chi si azzuffa è un tuo vecchio rivale o una persona con la quale hai un conto in sospeso, molto probabilmente, nell’anonimato di quei momenti concitati, potrai risolvere quei vecchi rancori facendo la tua bella parte mischiandoti alla zuffa e fregandotene di qualsiasi forma di bon ton.

In questi giorni post America’s Cup ne ho lette davvero di tutti i colori, mi è sembrato proprio come se il popolo della vela si fosse tolto quel “sassolino dalla scarpa” e si fosse buttato nella zuffa a testa bassa; tanti (ma non tutti per fortuna) si sono sbizzarriti a fare “carne da macello” sia di chi questa 34esima edizione della brocca d’argento l’ha vinta, sia di chi l’ha onorabilmente persa. Nulla in contrario ad uno sfogo liberatorio, ci mancherebbe, ma il presentimento è che ci sia lasciati andare a dei comportamenti un po’ troppo da ultras che esulano dal buon comportamento di un gentlement (chi ha modi corretti e signorili) qual è un velista.

Ma sì, come si suol dire “quanno ce vò ce vò” e, superato lo sfogo di un urlo (o di un insulto), si inizia a pensare alla prossima edizione della Coppa, sperando che sia più roseo di quello che è stato dopo l’edizione numero trentadue. Ah dimenticavo, il buon vecchio Larry, in un’intervista di qualche giorno fa, disse di volere una Coppa “multichallenge” basata sul mutuo consenso, che possa far ritornare in acqua i vecchi protagonisti della penultima edizione tra i quali, citando le testuali parole del patron di BMW Oracle Racing, anche “the south africans…”.

Non ci resta che incrociare le dita…

19/02/10

33a America’s Cup: il video del 2o match.

Per chi si fosse perso qualcosa del 2o match, con il quale gli americani di BMW Oracle Racing sono riusciti a strappare la Coppa America dalle mani degli svizzeri di Alinghi, ripropongo di seguito questo bel video riassuntivo; la regia è anche questa volta dell’organizzazione di questa 33a America’s Cup.

17/02/10

34a America’s Cup, dichiarazioni a freddo: commenti di Marcus Young, Claudio Corelli e Vincenzo Onorato.

(la firma che rende ufficile la sfida del CNR con Mascalzone Latino di Vincenzo Onorato)

Il Commodoro del Golden Gate Yacht Club, Marcus Young, confermando di aver ricevuto una sfida da parte del Club Nautico di Roma ha lietamente confermato che il club italiano sarà il Challenger of Record per la 34a America's Cup: "Siamo impazienti di lavorare in stretta collaborazione con il CNR ed il loro team sfidante Mascalzone Latino di Vincenzo Onorato che ha già gareggiato come sfidante sia nel 2003 sia nel 2007. GGYC e CNR si sono impegnati ad avviare un dialogo di ampia portata discutendo con i team attualmente costituiti e con coloro che in prospettiva vorranno competere. L'obiettivo è quello di garantire che la 34ma America's Cup sia costruita sulle basi fondanti di una competizione dal passato unico così come su una condivisa visione del futuro".

Questi invece è stato il commento del Presidente del Club Nautico Roma Claudio Corelli: "Siamo onorati di poter essere il Challenger of Recor della prossima America’s Cup e per prima cosa devo ringraziare Vincenzo Onorato, un grande amico oltre che un impareggiabile velista, che ci ha fatto questo enorme regalo portando la sfida all’America’s Cup sotto il nostro guidone. Non nascondo che mi sono emozionato nel momento in cui Oracle ha alzato la Coppa, perché so che per noi sarà una grande opportunità per far conoscere Roma nel mondo sotto una nuova luce. Roma è forse la città più famosa e visitata al mondo, ma pochi sanno che Roma è anche una città di mare, con un magnifico porto e con tanti tanti velisti che sosterranno con entusiasmo questa nostra sfida".

E Vincenzo Onorato ha dichiarato: "Grazie Larry, grazie Russell, seguirò questo ruolo con onestà, passione e amicizia".

16/02/10

Un caffè col Comandante Sarno: presente e futuro della Coppa America.

Abbiamo raggiunto il Comandante Sarno a Durban, Sudafrica, per qualche domanda inerente la 33a America’s Cup da poco conclusa e per conoscere qualche aspettativa per il futuro. Ecco di seguito l’intervista.
 
D: Comandante Sarno, questa 33a America’s Cup è stata caratterizzata da un predominio indiscusso e senza precedenti del team americano BMW Oracle Racing che, con il suo trimarano, espressione di un concentrato di tecnologia, non ha dato scampo al Defender Alinghi e al suo catamarano, strappando la Coppa dalle mani degli elvetici. Si aspettava che la 33a edizione della Coppa potesse concludersi con questo risultato?
 
Comandante Salvatore Sarno: Quest’edizione si è conclusa come si doveva concludere: ancora una volta il più grande marinaio di tutti i tempi, Russel Coutts, ha vinto.
Penso senza ombra di dubbio che l’albero alare e tutto il resto sia opera dell’intuizione di Russel. Se non sbaglio la teoria dello spazio tra l’albero e la vela fu sperimentata dai francesi penso alla 30ma edizione ma l’albero venne giù quasi subito e l’esperimento non trovò conferma. Questa volta con il budget a disposizione e con Russel si è potuto andare ben oltre ed il risultato è lì. Sempre con Coutts, Alinghi aveva un vantaggio enorme su tutti gli altri e gli era bastato fare delle piccole migliorie per vivere ancora d’eredità.  Il suo catamarano era un semplice catamarano, niente di eccezionale, Peyron e co. non potevano fare meglio. Penso invece che Ellison e Coutts pensavano al mostro da prima della conclusione sella 32ma edizione della Coppa, ecco perché avevano subito presentato il Challenge per una barca 90x 90.
 
D: Cosa pensa e cosa si augura che possa nascere dall’organizzazione di BMW Oracle Racing per la prossima edizione dell’evento?
 
Comandante Salvatore Sarno: La Coppa America è ormai una regata principalmente a match race e tale rimarrà. Oracle sarà tradizionale.
 
D: Trenta mesi di dispute legali hanno distrutto tanti progetti e tante ambizioni, erette sulla voglia di fare e fare bene, di tanti team che progressivamente hanno abbandonato il circus dell’America’s Cup. Ora questi trenta mesi possono dirsi passati e con essi, si spera, tutte le dispute legali che hanno bloccato l’evento in questi anni. C’è qualcosa che bolle nel calderone del Team Shosholoza e se c’è qualcosa, sarebbe disposto a darci un’anteprima?
 
Comandante Salvatore Sarno: Shosholoza è rimasta a Valencia aspettando gli eventi. Anche se mi fa paura la sfida mi attrae ancora ma c`è tempo, per il momento vediamo cosa succede.

34a America’s Cup: Mascalzone Latino Audi Team di Vincenzo Onorato è il Challenger of Record.

Se ciò, prima che si concludesse questa 33a America’s Cup, era stato soltanto supposto, ora è ormai ufficiale: Mascalzone Latino Audi Team, sotto il guidone del Club Nautico Roma, coprirà il ruolo di Challenger of Record per la prossima edizione della Coppa America. Ad annunciarlo il neozelandese Russel Coutts durante la rassegna stampa finale di questa Coppa ed iniziale della 34a America’s Cup.
La notizia già si intuiva dal fermento nella base di mascalzone latino e dalla presenza di Vincenzo Onorato a Valencia che tra l’altro non aveva negato di avere un protocollo pronto per Oracle.
Coutts fungendo da portavoce di Larry Ellison ha poi specificato “che ci sarà un managament indipendente, arbitri, giuria e comitato di regata indipendenti, su tutto il resto ci sarà molto da lavorare e vogliamo prenderci il tempo necessario, per cui una volta assicurata la linea base dell’indipendenza avremo tempo di discutere tutti gli aspetti più importanti con i challenger”. Questioni come la sede, il tipo di barca ed il formato saranno oggetto di attente valutazioni, prendendosi i tempi necessari in modo che la Coppa America "diventi una competizione sempre migliore. La cosa più importante è partire e guardare avanti per prendere le decisioni migliori a beneficio dello sport".
A chi insiste, Coutts specifica che "a parte la sfida non abbiamo sottoscritto nulla con Mascalzone Latino, se non la questione del management indipendente". Ci potrebbero essere delle selezioni anche per il defender? "Sicuramente sì", dice Coutts, specificando però anche che la partecipazione di Bmw Oracle alle selezioni degli sfidanti è esclusa. "Bisogna andare oltre il mutuo consenso per il futuro della Coppa, bisogna fare ulteriori passi avanti".
Per quanto riguarda la sede della prossima edizione dell’America’s Cup, sembrerebbe che Newport sia la favorita e che le selezioni degli sfidanti, targate Louis Vuitton e molti degli ACT, si dovrebbero svolgere in Europa, Valencia compresa. Riportare la Coppa fisicamente negli States pare uno degli obiettivi di Larry Ellison che però, come ricorda Coutts, "mette in primo piano le indispensabili infrastrutture, che devono essere funzionali come qui a Valencia a nel Viaduct Basin di Auckland". Quindi la scelta tra Newport, San Francisco e San Diego terrà conto proprio delle importanti infrastrutture.
Un ultimo pensiero è andato poi ai limiti di vento consentiti in questa edizione: “in effetti nelle ultime edizioni sono stati un po’ troppo bassi e ci rendiamo conto che una delle edizioni più belle fu Fremantle 1987 dove si regatò tra le onde ed il vento forte, con immagini spettacolari”.

15/02/10

33a America’s Cup, dichiarazioni a caldo: commenti di James Spithill e Larry Ellison.

Ripropongo di seguito la dichiarazione a caldo di James Spithill, timoniere di BMW Oracle Racing: "E' una sensazione incredibile. La mole di lavoro che l’intero team ha dedicato a questo progetto e allo sviluppo di questa barca ci ha permesso di vincere due regate senza nessun problema: dobbiamo congratularci con i ragazzi dello shore team, i boatbuilders, tutto il team della logistica e i progettisti che ci hanno messo a disposizione una barca eccezionale”.

Questa è stata invece la dichiarazione di Larry Ellison, presidente del team americano BMW Oracle Racing: "E' assolutamente una sensazione impressionante", ha aggiunto Larry Ellison. "Sono davvero orgoglioso di far parte di questa squadra. Non potrei essere più orgoglioso".

33a America’s Cup, dichiarazioni a caldo: il commento di Ernesto Bertarelli.

Ripropongo di seguito la dichiarazione a caldo di Ernesto Bertarelli, presidente del team svizzero Alinghi: “La prima cosa che mi viene in mente in questo momento è qualcosa che soltanto chi ha fatto parte di Alinghi negli ultimi dieci anni può comprendere. Nel team c’è un’atmosfera unica, uno spirito unico, un rapporto unico che lega ogni persona che ha lavorato o che in qualche modo ha fatto parte del team, e per questo sono orgoglioso del nostro team e di quello che abbiamo fatto negli ultimi 10 anni”. Il momento più significativo: “la cosa più importante non è quella di avere il trofeo d’argento tra la proprie mani, ma quella di avere un team di successo, che ha una sua identità, che vince e il cielo sa quanto abbiamo vinto. Se c’è una squadra che negli ultimi anni ha vinto, questa è Alinghi. In queste due ultime regate non abbiamo vinto. Eravamo svantaggiati, non avevamo una barca abbastanza veloce. Ma credo che con quello che avevamo, con le possibilità che avevamo, abbiamo fatto del nostro meglio e abbiamo dimostrato di non mollare mai o di dare forfait. Volevamo batterci al meglio e lo abbiamo fatto. Siamo usciti di scena a testa alta e orgogliosi di ciò che abbiamo fatto”.
Continuerai?
“Non sono più io a decidere il futuro della Coppa. Aspetterò di vedere cosa ci riserverà il futuro e poi prenderò una decisione”.

33a America’s Cup, dichiarazioni a caldo: il commento di Rolf Vrolijk.

Ripropongo di seguito la dichiarazione a caldo di Rolf Vrolijk, progettista capo del team svizzero: “Tutto il team è dispiaciuto naturalmente. Abbiamo lavorato per raggiungere un obiettivo negli ultimi 10 anni e alla fine vuoi vincere. Tutto quello che fai lo fai per questo motivo. Tutti hanno lavorato al meglio. Sono convinto che abbiamo fatto il meglio che potevamo fare nel tempo che abbiamo avuto a disposizione. Siamo abbastanza contenti delle nostre prestazioni di oggi. Probabilmente se avessimo avuto più tempo, avremmo potuto sicuramente fare di meglio, ma sopravviveremo tutti lo stesso!”

America’s Cup, dichiarazioni a caldo: il commento di Brad Butterworth.

Ripropongo di seguito la dichiarazione a caldo di Brad Butterworth, skipper e tattico del team svizzero:
“Sicuramente non è piacevole che tutto sia finito in sole due regate, ma di questo bisogna ringraziare Oracle. Quello con cui si sono presentati non era una barca ma un aeroplano. Hanno meritato il risultato finale. Erano molto veloci e hanno regatato bene. Complimenti a tutti loro”.
Sugli ultimi 10 anni: “Sono stati anni eccezionali. Certamente stasera siamo dispiaciuti perché abbiamo perso, ma abbiamo regatato insieme dal 2001 e ora siamo nel 2010. Abbiamo un record eccezionale. Le persone con cui ho lavorato sono fantastiche. Sarà uno dei miei ricordi migliori per sempre”.

33a America’s Cup, 2o Match Alinghi Vs. BMW Oracle Racing: un Mostro a stelle e strisce…

Dopo continui rinvii da parte del Comitato di Regata (il primo per le ore 12.00, il secondo per le 13.00, il terzo per le 14.00 ed infine il quarto per le 16.25) ed in attesa perenne di un vento costante da est-sud-est, si apriva ieri il secondo match valido per questa 33a America’s Cup da svolgersi su un triangolo equilatero con lato al vento lungo 13 miglia nautiche. Un lato di bolina e due di lasco avrebbero decretato il vincitore di questa edizione del più antico trofeo di tutti i tempi ed avrebbero creato le condizioni affinchè il Deed of Gift potesse redimere e porre rimedio in modo efficace ed efficiente a quel continuo litigare tra il team svizzero, detentore della Coppa, e quello statunitense.

Quello di ieri era il giorno del “do or die” (del "fare o morire"), dello scontro finale tra quei titani del mare, tra quei mostri di tecnologia ed innovazione ed era pure il giorno dell’appianamento delle rivalità personali che hanno caratterizzato l’evento dalla fine di quello del 2007 ad oggi.

Alle 16.25, con un’intensità del vento di 7-8 nodi, partiva il 2o match valido per la conquista della 33a America’s Cup: BMW Oracle Racing entrava nel box di partenza con mure a sinistra (doveva dare la precedenza al Defender al primo incrocio), mentre Alinghi entrava sulle altre mura. Pochi attimi ed Alinghi si trovò ad essere penalizzato dagli umpires; ancora una volta, una cattiva gestione del prepartenza aveva creato le condizioni affinchè si trovassero lì dove non dovevano essere, ancora lontani dal box di partenza.

Sembrava da subito tutto già scritto, come un vecchio film già visto: navigando su mure opposte il dominio degli americani traspariva da quei metri che secondo dopo secondo guadagnavano con facilità. Nonostante tutto, a causa di continui salti di vento, Loïck Peyron, uno dei più esperti timonieri al mondo di multiscafi e ieri al timone di Alinghi 5, sfruttava l’occasione e si portava davanti ad USA17 con al timone il giovanissimo James Spithill.

Un’ulteriore salto di vento rovinava però la festa del Defender che, rallentando, si lasciava superare da dietro da BMW Oracle Racing che, con un vento più favorevole, raggiungeva per primo la boa al vento e staccava di 28 secondi Alinghi. Superata a dritta la boa al vento il vantaggio degli americani appariva chiaramente all’occhio: il Mostro a stelle e strisce volava sull’acqua e dimostrava in qualsiasi condizione ed andatura la propria supremazia. Ad un terzo del primo lasco gli statunitensi avevano già oltre 700 metri di vantaggio e la reale ipotesi di riportare la Coppa negli Stati Uniti dopo 15 anni appariva reale agli occhi dell’australiano James Spithill a bordo e del neozelandese Russell Coutts a terra. Il vantaggio statunitense si incrementava di metro in metro; BMW Oracle Racing, grazie all’ala rigida, dimostrava maggiore potenza sugli scarsi e sui giri del vento e maggiore equilibrio: doti fondamentali per vincere ieri in quelle particolari condizioni del campo di regata e superare con un secco 2 a 0 il team svizzero di Ernesto Bertarelli.
Ciò chiudeva i giochi e, si spera, quei trenta mesi di dispute legali che hanno distrutto tanti progetti e tante ambizioni, erette sulla voglia di fare e fare bene, di tanti team che progressivamente hanno abbandonato il circus dell’America’s Cup.

Dopo ieri ci si augura che si possa ritornare a breve tutti in acqua per un evento all’insegna dello sport e della competizione e si possa porre un freno a qualsiasi cosa che generi blocchi nei confronti dell’evento multichallenge.

14/02/10

33a America’s Cup: il video del 1o match.

Per chi si fosse perso qualcosa ripropongo di seguito un video riassuntivo del primo match tra Alinghi e BMW Oracle Racing; la regia è dell’organizzazione di questa 33a America’s Cup.

13/02/10

33a America’s Cup: rosso di sera bel tempo si spera…

"Alinghi Red" di Carlo Perosino, 2010.

In un quadro abbastanza chiaro che non lascia scampo ad alcun tipo di ipotesi o supposizione, Alinghi incassa il duro colpo di ieri e si appresta a prepararsi psicologicamente e fisicamente alla regata di domani (la seconda di questa 33a America’s Cup) dove si gioca il tutto per tutto.

Non sappiamo come andrà a finire e neppure possiamo azzardare alcuna ipotesi; le condizioni del vento e del mare sono ieri state in grado di sfatare tutti i miti che in questi mesi il popolo della vela e gli addetti ai lavori hanno creato, tutte le supposizioni fatte, e quindi sarebbe inutile pronosticare qualsiasi risultato.

Appuntamento a domani allora, ore 10.00, sperando che il meteo sia clemente e…vinca il migliore!

33a America’s Cup, 1o Match Alinghi Vs. BMW Oracle Racing: il leone che mangiò la gazzella…

(Picture by Eduardo Ripoll/33rd America’s Cup)

Vi è un vecchio aforisma africano che dice: “Ogni giorno in Africa un leone si sveglia e sa che dovrà correre più di una gazzella. Ogni giorno in Africa una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più di un leone. Non importa che tu sia leone o gazzella: l'importante è cominciare a correre”. Il suo significato intrinseco, molto importante e di grande spessore, potrebbe essere in qualche modo paragonato a quello che in questi giorni sta accadendo alla Coppa America: bisogna cominciare a correre perché un Leone, BMW Oracle Racing è a caccia di una gazzella, Alinghi.

Dopo i primi due frustranti rinvii ed un terzo giorno (quello di ieri) condizionato da una situazione meteo instabile nelle prime ore della giornata, Harold Bennett, presidente del Comitato di Regata, dopo quattro ore e mezza di attesa, giudicò le condizioni sufficienti per dare la partenza in 4-5 nodi di brezza da sud.

Alle 14.35 partiva questo 1o match valido per la 33a America’s Cup, BMW Oracle Racing entrava nel box di partenza con mure a dritta (aveva quindi diritto di rotta sul primo incrocio), mentre Alinghi entrava sulle altre mura. Nell’euforia generale, nella concentrazione e nel tifo sfegatato dei sostenitori dei due team, quei pochi ma preziosi secondi di prepartenza e di match race venivano rovinosamente distrutti dal Defender svizzero che, sbagliando le distanze al primo incrocio e ritardando di concedere all’avversario il diritto di rotta, si beccava una penalità dagli umpires.

La regata per gli svizzeri appariva da subito compromessa ma, divincolandosi dalle manovre difficili e pericolose del prepartenza ed allontanandosi con uno scatto fulmineo dall’avversario, tagliavano la linea ed acceleravano verso la prima boa di bolina.

Le miglia da percorrere erano 20, si sarebbe dovuti arrivare alla boa di bolina, poggiare e ritornare sulla linea di partenza diventata intanto traguardo. Tutto mutò nel giro di poco tempo; gli statunitensi in pieno stallo, riuscirono a far partire correttamente il proprio trimarano e, con un angolo di bolina più stretto e maggiore velocità, annullarono in poco tempo il distacco impostogli dagli svizzeri nella prima parte della bolina, appena dopo la partenza.

I 300 metri degli svizzeri si sgretolarono come grissini sotto l’imponenza e la velocità del mostro americano che macinava metri e nodi come se avesse un motore a scoppio. La penalità inflitta al Defender acquisì un sapore ancora più amaro quando, considerando l’aumento di brezza, BMW Oracle Racing sfoderò l’asso dalla manica ammainando la vela di prua ed iniziando, secondo dopo secondo, a dimostrare chiaramente di essere in quelle condizioni superiore equilibrando assetto e velocità e guadagnando metri preziosi sugli svizzeri.

Dopo due virate le barche erano in lay line; il vantaggio degli statunitensi però non diminuì, anzi, aumentò portandosi a 1500 metri dagli svizzeri. La poppa avrebbe decretato vincitori e vinti; Alinghi se avesse voluto capovolgere il risultato doveva dimostrare di essere più forte al lasco.

Non ci fu storia però, il trimarano statunitense anche in poppa dimostrava di essere più forte del catamarano elvetico e volava via verso il traguardo con un margine sul Defender di circa e 3200 metri e 10 minuti che, a causa di un errore durante lo sconto della penalità, diventarono 15.