30/08/04

Intervista a Paul Standbridge, Sailing Manager del Team di Cape Town


Paul Standbridge è Sailing Manager di Team Shosholoza, il primo sindacato sudafricano ad entrare nel teatro dell'America's Cup. Inglese di nascita ma sposato e residente a Cape Town, Standbridge è già stato coinvolto nella Coppa, sia come velista, sia come manager, dagli anni Ottanta. Durante la scorsa Coppa ad Auckland, era Sailing Manager per GBR Challenge.

D: Quali sono le motivazioni e gli obiettivi di Team Shosholoza?

Paul Standbridge: L'idea venne a Capitan Salvatore Sarno, direttore di Mediterranean Shipping, il nostro sponsor principale. Voleva che il Sud Africa lanciasse una sfida concreta alla Coppa; ha voluto velisti sudafricani e non intende arrivare ultimo. Il team è intriso di cultura e di tradizioni africane. Sappiamo che sarà difficile vincere e anche arrivare tra i primi tre o quattro.

D: Come si motivano le persone quando si è sicuri di non poter vincere?

Paul Standbridge: È difficile gestire una squadra per tre anni, sapendo che non si vincerà nulla. È un po' come da GBR, la volta scorsa. Ma con Team Shosholoza, con il nostro budget e la nostra esperienza, sarebbe assurdo pensare di vincere. L'obiettivo è dimostrare che il Sud Africa è capace di presentarsi sulla linea di partenza con una barca decente ed un equipaggio decente. A pensarci bene è simile a quanto accade in altri sport: quanti team competono quest'anno in F1, pur sapendo benissimo che non vinceranno mai il campionato?. Ci sono 26 macchine sulla griglia di partenza ma poche si aspettano di vincere. Lo stesso accade nell'America's Cup.

D: Cosa avete acquistato e cosa userete a Marsiglia?

Paul Standbridge: Abbiamo comprato ITA-48, la barca lepre di Prada per l'edizione 2000. Io ho collaborato nella scelta e nell'acquisto della barca: cercavamo uno scafo in buone condizioni, non eccessivamente sfruttato. È un buon progetto di Peterson, molto simile a ITA-45, che ha corso le finali di Coppa e costruita da Bill Green. Il motivo per cui non compriamo altro è che intendiamo fare grandi modifiche e, quindi, eventuali vele nuove non andrebbero più bene.

D: Abbiamo sentito rumore di frese e di cesoie provenire dai vostri container. Che cosa state combinando?

Paul Standbridge: Abbiamo deciso tardi di venire qui. La barca, attualmente, non risponde alla stazza e la maniera più economica e più veloce per porvi rimedio, è tagliare 10mq di vele ed eliminare 140 chili dal bulbo. Certamente non migliorerà la velocità ma almeno saremo in regola!

D: Che tipo di allenamento avete fatto fino ad ora e che standard avete raggiunto?

Paul Standbridge: Abbiamo iniziato il 1 di aprile e per il 5 di settembre avremo accumulato ben 45 giorni di allenamento. Abbiamo iniziato lentamente ad amalgamarci come team a Cape Town. La maggior parte di questi ragazzi ha esperienza in regate di circolo e senza voler mancare loro di rispetto, lo standard dei circoli velici sudafricani non è tra i più alti. La prima volta che sono salito a bordo ho attuato un piano molto ambizioso: uscire dal porto a rimorchio, dare la randa, ammainare la randa e rientrare in porto. La volta dopo abbiamo issato il genoa; il terzo giorno abbiamo osato una virata e cinque giorni più tardi abbiamo fatto una strambata. Oggi siamo in grado di strambare le nostre vele anche in 23/24 nodi di vento.

D: Com'è navigare su una barca di America's Cup fuori da Cape Town?

Paul Standbridge: Un paio di volte mi sono pentito di aver navigato su una barca di AC boat quaggiù. Abbiamo surfato sulle onde in due occasioni. Certo, non è come surfare su uno scafo di Whitbread ma lo abbiamo fatto, e non credo sia una cosa usuale, con queste barche. Navigare a Cape Town è completamente diverso dal farlo in Mediterraneo. L'acqua è fredda, c'è un'enorme montagna vicino al mare, siamo al limite del continente e quasi nell'Oceano del Sud. Si può passare da 50 nodi a zero nello spazio di pochi metri. È un'esperienza molto interessante. Inoltre s'incontrano onde molto alte, a volte di 15 metri, anche se, ovviamente, evitiamo di uscire in quei giorni!. Se siamo capaci di regatare qui, possiamo ben farlo ovunque.

D: Parlaci del make-up del team.

Paul Standbridge: Lo skipper è Geoff Meek, molto noto nel circuito internazionale. Abbiamo Ian Ainslie come stratega e grinder di poppa; è stato due volte alle olimpiadi ed è molto utile. Abbiamo anche contattato Gareth Blanckenburg circa la possibilità che si unisca al team. Gareth ha partecipato alle Olimpiadi di Atene in Classe Laser. Non ha vinto una medaglia ma è abituato a regatare sotto pressione. Ci manca un bravo tattico e temo che questa posizione sia difficilmente reperibile in Sud Africa. Vorremmo avere il maggior numero possibile di sudafricani ma, a volte, non è possibile. Per le regate di Marsiglia verrà ad aiutarci Andy Green dall'Inghilterra. I sudafricani professionisti sono Jan Dekker, Mike Joubert e Jono Swain, che sarà con noi in alcune delle regate europee ma non può garantire un impegno a tempo pieno. Tra i progettisti abbiamo Jason Ker e Simon Schofield. In totale siamo pochi, appena 12 velisti a tempo pieno e il resto costituito da part-time. Abbiamo un capo dello shore team, due PR, un istruttore di ginnastica. Ecco tutto. Vorremmo crescere almeno fino a 35 persone.

D: Sarai a bordo e per quanto tempo?

Paul Standbridge: Sarò a bordo a Marsiglia, ma una volta iniziata la Coppa, se avrò fatto bene il mio lavoro, la mia presenza non sarà più necessaria. I ragazzi continuano a dirmi che devo esserci perché adesso sono nervosi e tesi. Ma sono certo che se tutto andrà secondo i miei piani, ci sarà un altro sudafricano al mio posto. So bene che abbiamo ancora tanto da fare. Tre anni passano in fretta, quando hai tante cose da fare, quando ti diverti e, forse, anche quando cominci a sentirti vecchio, come capita a me.