22/05/09

Pensieri al vento - 33a America’s Cup: parli del diavolo…e spuntano le corna!

La penna, quella che dovrebbe raccontarvi ogni tanto qualcosa di positivo, rimane sempre più attonita e impietrita, confusa. Il 14 maggio scorso la Corte Suprema dello Stato di New York, attraverso il giudice Shirley Werner Kornreich, ha espresso la propria posizione in merito all’accusa (varata da Oracle/GGYC) di “oltraggio alla Corte”, reato del quale, a detta di questi ultimi, si sarebbero macchiati gli svizzeri esprimendo l’idea e la volontà di programmare il Deed of Gift Match per il maggio 2010, data in contraddizione con la sentenza del 2 aprile scorso che fissa quale data massima per l’incontro il prossimo febbraio 2010.

La Corte ha però dovuto anche valutare la contromossa giudiziaria (ricordate quando parlammo di “America’s ping pong?!”) avanzata da Alinghi/SNG, indispettiti dal fatto che gli americani, il challenge of record, non gli abbiano ancora fornito il certificato di stazza dell’ormai famoso mega multiscafo 90x90 piedi.

Nulla di fatto; avete capito bene. Mi ripeto per chiarire meglio le idee, nulla di fatto, nothing, nada. La Corte ha respinto la richiesta degli svizzeri specificando che, così come il Deed of Gift stesso fa, il certificato di stazza deve essere fornito al defender “as soon as possible”, il prima possibile, e che quindi Oracle ha ancora un discreto margine di manovra a riguardo non essendo specificato un termine ultimo per la consegna dello stesso.

La Corte, inoltre, ha riaffermato la volontà del Deed of Gift, imponendo, come fa quest’ultimo, l’incontro su multiscafi entro dieci mesi dalla sentenza del 2 aprile; febbraio 2010 dunque.

Molteplici comunicati stampa hanno caratterizzato le ore e i giorni successivi alla ferma presa di posizione della Corte Suprema dello Stato di New York, predisponendo un vero e proprio “botta e risposta”. Ma non è su questi comunicati stampa che focalizzeremo l’attenzione, anche perché, sinceramente, penso sia seriamente inutile riproporre cose delle quali si è stradiscusso in precedenza (tanto le cose che dicono sono sempre uguali).

Vorrei focalizzare l’attenzione su un altro aspetto: quello temporale. Nell’intervista dei primi di gennaio fatta al Comandante Sarno (Un caffè col Comandante Sarno: bilancio di fine 2008 e progetti, programmi e prospettive per il 2009...) parlammo e rimarcammo molto l’importanza del fattore temporale, dell’essenzialità di disporne in maniera adeguata in modo da soddisfare appieno tutte le particolarità e consuetudini che un evento di questo calibro, quale la Coppa America è appunto, richiede.

Stimammo ore di lavoro necessarie alla progettazione, costruzione e prove in acqua; stimammo i tempi necessari affinchè gli sponsor potessero decidere di aderire al sindacato e finanziare lo stesso; parlammo delle difficoltà nell’organizzare a puntino il tutto per rendere una campagna di Coppa il più possibile perfetta e della smania di mantenere un contatto costante con i media non lasciando che fattori “esterni” alla competizione potessero allontanare il popolo della vela e il pubblico incuriosito dall’evento.

Tutto teneva quindi quale sottofondo, quale denominatore comune ai vari elementi stimati e ricordati, l’importanza del fattore temporale.

Ecco allora spiegato il titolo dell’articolo e del mio punto di vista, “parli del diavolo…e spuntano le corna!”; parli del diavolo, il tempo, e spuntano le corna, quelli a cui il tempo piace sprecarlo e ai quali piace illudere i terzi.

A chi va però il triste e assoluto primato di perditempo? Non saprei, anche perché forse si arriverebbe ad un irriverente 1 ad 1.

Ci mancava solo che iniziassimo a sentir parlare delle spie, di chi si mette fuori la finestrella per spiare munito di macchina fotografica e di bermuda. Tutto irreale, un po’ come i film di Pierino: non ci resta che issare il cartello “siamo al completo!”.

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10/05/09

Pensieri al vento - America’s ping pong?!...ma non era America’s Cup?!...Mhà!!!

Come da titolo, ma non era era America’s Cup? Sembra proprio di no, visto e considerato che gli avvocatoni di Alinghi, quelli da “una parcella-un occhio”, il 30 aprile scorso hanno avanzato, presso la Corte Suprema dello Stato di New York e davanti al giudice Shirley Werner Kornreich (lo stesso che il prossimo 14 maggio presiederà l’udienza relativa alla causa per “oltraggio alla Corte” promossa dagli avvocati del GGYC/BMW Oracle Racing), un’ulteriore azione legale molto simile alla ricusazione del collegio difensivo, istituto possibile negli Stati Uniti.

Tutto il mondo della vela attendeva con ansia una rapida risoluzione della questione legale che, apparentemente, era arrivata con la sentenza del 2 aprile scorso. Purtroppo però, con il passare dei giorni, le cose sono peggiorate e ci siamo praticamente accorti che alle due controparti in causa (lo ricordo per una questione di precisione, Alinghi, il defender della Coppa America e BMW Oracle Racing, a parer della Corte d’Appello dello Stato di New York il Challenge of Record) piace tanto tanto fare il “tira e molla” in giro per le aule dei tribunali, invece che trovare una rapida soluzione alla questione.

Fa male osservare che il campo dove si giocano le sorti di un match non è più quello di regata ma, al contrario, è come se fosse quello verde, in legno, del ping pong. Sentiamo forti e veloci rimbalzare le accuse reciproche, che assumono sempre più i contorni di palline di ping pong che rimbalzano veloci e incontrollate.

Non più una lotta serrata tra un “vira” o “stramba”, incroci al cardiopalma, rimonte spettacolari o salti di vento decisivi, ma un umile ed alquanto inutile “diritto” o “rovescio”, precursori ideali per guadagnare il punto.

Vi chiederete perché si è ricorsi di nuovo alla Corte Suprema e perché, in particolare, proprio Alinghi/SNG ha dato adito ad una nuova azione legale. Ebbene il motivo del brief non è legato, come si potrebbe pensare, alla data del Deed of Gift Match, bensì alla mancata presentazione al defender (da parte degli americani) del certificato di stazza del multiscafo 90x90 piedi costruito da Oracle.

Il Deed of Gift, infatti, stabilisce che il Challenge of Record debba fornire al defender un certificato di stazza “as soon as possible”, il prima possibile.

Tale certificato dovrebbe essere rilasciato dall’organismo nazionale preposto a gestire il registro delle unità da diporto e contiene tutti i dati tecnici della barca, oltre alla descrizione della stessa che viene resa riconoscibile mediante l’attribuzione di un numero di matricola.

Tentativo infondato da parte di Alinghi/SNG di evitare il giudizio finale della Corte e di rinviare ulteriormente lo svolgimento dell’America’s Cup?

Comunque sia, appellarsi ancora in questo caso al certificato di stazza, vuol dire con ogni probabilità rispondere positivamente alla domanda poc’anzi posta, ovvero rinviare ancora la Coppa e renderla ancor più travagliata di quanto lo fosse già diventata da due anni a questa parte.

Vuol dire, inoltre, aspettare che la Corte Suprema dello Stato di New York emetta un’ulteriore sentenza che giudichi la regolarità o meno dell’operato di Oracle e del suo mega multiscafo.

Mi chiedo, avete provato a guardare bene questi multiscafi sui quali si svolgerà la 33a edizione della Coppa America? Immaginavate che si sarebbe arrivati a questa drastica e alquanto triste situazione?

Io no, mi illudevo che potesse mettersi tutto a posto. Le premesse al meeting del 23 aprile scorso erano molto invitanti e lasciavano presagire bene per una 33a brocca d’argento multi challenge; il meeting si è concluso però con un nulla di fatto che ha però alimentato ancora ricorsi su ricorsi.

Allora mi chiedo, meglio regatare su questi mostri plananti (e a quanto pare anche parecchio scuffianti) o su un sano AC33 sul quale si è già speso tanto tempo in passato? Direi AC33, senza alcuna ombra di dubbio. Peccato però che le parti in causa, quelle che hanno nelle loro mani le redini dell’evento, non la pensino in questo modo.

A questo punto non resta che augurarsi per l’ennesima volta che questa lotta, che assume sempre più i contorni di una lotta ideologica, affarista e tra salotti, possa raggiungere quanto prima lo stato finale e che si possa portare il circus della Coppa America allo stato di gloria e di successo mediatico che ha caratterizzato l’ultima edizione nel 2007.

Ora come ora si è seriamente minata la credibilità dell’evento, per fortuna che il fascino sembra essere rimasto inalterato; Basta ritornare con un attimo a quel 2007 per rimanerne folgorati. Speriamo solo che quel 2007 non diventi lontano anni luce e che la spettacolarità e bellezza dell’evento non possa essere totalmente oscurata da un alone di mistero e di ignoto, così come è accaduto fino ad ora.

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04/05/09

Pensieri al vento - 33a America’s Cup: quel “semplicismo devastante”…

Durante questi mesi abbiamo più volte parlato del cosiddetto “semplicismo” con cui in questi due anni, da quando è finita la 32a Coppa America, si è trattata la vicenda 33a edizione della Coppa. Quel “semplicismo” con cui non si sono recentemente accettate le proposte del GGYC per un prossimo evento multi challenge organizzato e basato su regole condivise da tutti; quello con cui si è ricorso di nuovo subito alla Corte Suprema dello Stato di New York quando ancora la sentenza del 2 Aprile era, per così dire, “fresca di stampa”; quello con cui si è comunicato ai vecchi e cari challenger (da come apprendo da fonti sicure) di non esserlo più (challenger intendo) per la 33a edizione della Coppa ma che comunque saranno invitati per la 34a; quello con cui, infine, si è comunicato ai challenger non già esclusivamente la questione della partecipazione alla 33a Coppa, ma anche quella riguardante la soluzione della questione “base” all’AC port direttamente con le autorità della città valenciana.

Morale della favola? Risolvere la questione con le autorità valenciane significa, con ogni probabilità, sgombrare il tutto e mandare a casa tutti quelli che con impegno e passione vi ci hanno fin’ora lavorato.

Eh sì, quel “semplicismo”, al quale aggiungerei la parola “devastante”.

Quel “semplicismo devante”, sinonimo di “chi se ne frega degli altri” e di chi vive e percorre la sua strada come se avesse i cosiddetti “paraocchi”.

Cosa ne sarà ora della Coppa?

Immaginavamo il fervore e la vitalità delle basi tutte all’opera per mettere in sesto le proprie imbarcazioni, i propri gioielli. Dico bene, “immaginavamo”, perché ora come ora è l’unica cosa che ci resta da fare: immaginare e sognare che quelle basi, simbolo del lavoro, del tempo, del sudore e di ingenti risorse di chi le ha fortemente volute, non vengano smontate e impacchettate come qualcosa di vecchio da mettere su in soffitta o come un regalo di un ex fidanzato di cui non se ne vuole più sentir parlare.

La Coppa è lontana anni luce dalla sua normale aetas aurea (età dell’oro) e le aspettative per una rapida risoluzione del caso, dopo questa ultimissima aberrante comunicazione, sono totalmente svanite.

Cosa resta? Forse aspettare che Bruno Troublé organizzi la Med Series a Valencia il prima possibile, così come ipotizzato qualche settimana fa, o che si possa addirittura organizzare qualcosa di molto più serio a Durban (l’idea era per una Louis Vuitton Indian Ocean Cup).

Staremo a vedere, tanto ormai siamo abituati a tutto. Comunque sia, spero che almeno Troublé si decida presto sul da farsi e sulle Med Series, sia per un po’ di sano divertimento su di un classico (e scusate se è poco…) monoscafo, sia affinchè di Coppa America a Valencia (…e non solo) non ne rimanga solo un lontano ed offuscato ricordo…

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