08/08/09

Dai giornali - “C’è il vento, ma non Luna Rossa”.

Louis Vuitton Cup, Round Robin 1. Flight 4, 24 aprile 2007.

A volte alcune cose si fanno solo per il gusto di farle o per evocare, con un pò di nostalgia, momenti indelebili e speciali del nostro passato. E’ per questo motivo che oggi, a distanza di due anni e mezzo circa, pubblico questo articolo apparso il 25 aprile del 2007 a pagina 53 del Corriere della Sera. Il titolo dell’articolo, “C’è il vento, ma non Luna Rossa”, è già tutto un programma ed il corpo dello stesso narra le vicende di giorni di mare e di vento di un caldo pomeriggio di aprile ove, ribaltare i pronostici sembra sia quasi stato un gioco da ragazzi.

L’esperienza poco felice di Luna Rossa in quei giorni, infatti, gonfia le vele di chi, nel suo piccolo, con la caparbietà e determinazione in puro stile «tiriamo avanti insieme», batte i più forti e sconvolge proprio quei pronostici che davano sulla carta vincitori proprio i più favoriti. Penso che una lettura di questo articolo, che si focalizzi più sulla parte iniziale che su quella finale (dove viene anche raccontata la sconfitta di Luna Rossa contro gli americani di Oracle), possa giovare alla mente e all’anima e possa anche, per così dire, farci fare un piccolo salto nel felice passato. A questo punto non mi resta che augurarvi una buona lettura.



"C' è il vento, ma non Luna Rossa"
Prima si arrende a sorpresa a Shosholoza, poi perde di 6'' da Oracle

Il tappo dello champagne parte insieme al colpo di cannone, mentre il Sudafrica, che sulle mappe della navigazione fino a ieri esisteva solo come scalo dei giri del mondo, diventa una potenza della vela.

Città del Capo, casa di Shosholoza, distaccamento di Valencia. La colonizzazione della Vuitton parte da una strepitosa vittoria a sorpresa su Luna Rossa, per i Bafana incrostati di salsedine è come battere l'Italia al Mondiale, la gioia è la stessa, il Comandante Salvatore Sarno piange sul gommone abbracciato al figlio Antonio, ci sono cuore, idee, soldi e passione molto nostrane nella sfida all' America's Cup che porta i colori del Royal Cape Yacht Club, l'equipaggio è multietnico però nel pozzetto che fa venire il mal di testa ai Prada boys comandano Paolo Cian, timoniere, e Tommaso Chieffi, tattico.

«Due fuoriclasse - dice sull'onda dell'entusiasmo e del quarto posto in classifica l'armatore -. Non capisco perché nessuna barca italiana li ha voluti...».

Paolino Cian è rosso come un peperone, di felicità e d'abbronzatura: s'è preso un'insolazione di entrambe. Su Rsa83, gioiellino di un consorzio che ha una sola barca («Costruita con le nostre mani, non in cantiere: sono andato io a comprare i cacciavite» racconta Sarno arricchendo la piccola leggenda personale) gli hanno costruito una pedana per arrivare meglio al timone. «È il mio insostituibile piccolino» gongola the captain, dopo la doccia di lacrime e bollicine.

Chieffi, l'esperienza accumulata nelle rughe e negli anni, ha qualche rospo da sputare e forse è da andare a cercare anche nell'orgoglio e nella voglia di rivincita la benzina che sta bruciando nel motore di Shosholoza, pericolosa con Oracle e letale con Luna Rossa. «Non avremo i galloni come loro - dice Tommaso -, però non ci siamo mai nascosti: vogliamo il quarto posto, e le semifinali. Battere Luna Rossa dà sempre una certa soddisfazione. Nel '99 dissero che nessun reduce del Moro di Venezia sarebbe salito su quella barca. Quel signore (Patrizio Bertelli, ndr) si era sbagliato».

Non c'è più solo il folklore degli elefanti portati all'unveiling, nella prima sfida sudafricana alla coppa. C'è il cuore, e cominciano ad arrivare i risultati: «Oltre al vile denaro, in questo gioco servono i sentimenti». E Shosholoza ne ha la cambusa piena. Cian e Chieffi, la coppia made in Italy capace di lasciarsi in scia Spithill e Grael, ha fatto il giro della barca per stringere la mano a Solomon, Moctar, Golden, i velisti che del loro paese portano il colore addosso, «giovani eccezionali che non si sono lasciati schiacciare dalla pressione di Luna Rossa, sempre vicinissima, dimostrando una grande maturità agonistica».

Shosholoza è la barca più vecchia della flotta, ma va veloce. Vince in scioltezza, gli uomini di de Angelis sono ancora storditi quando tornano in acqua contro Oracle, nel primo big match di questa Vuitton travagliata, che oggi ha trovato una decina di nodi di vento per riuscire a correre due Flight. È un match race bellissimo, aperto fino all' ultimo metro di poppa e di mare, Dickson (in vezzosi guanti blu) contro Spithill, Brady contro Grael, Ellison contro Bertelli, che ha subìto il crudele uno-due di ieri a Milano, davanti alla tv, soffrendo per la scarsa brillantezza di Ita 94 e del suo equipaggio.

Oracle è un monolite di carbonio, esprime una sconvolgente sensazione di potenza, non sbaglia un millimetro di regata, le manovre sono perfette, le scelte azzeccate. Il controllo è totale, tanto che persino l'ospite pagante a bordo, Larry Ellison, si toglie lo sfizio di mettere le mani sul timone. La Luna insegue, sempre trafelata («Torniamo a casa con zero punti, ma le impressioni sono positive...» dice lo stratega Ivaldi). Tenta l'ultima strambata, chiamata da Grael, ma Dickson è più furbo. Mette il naso di Oracle, solo quello, davanti. Nemmeno mezza barca, dieci metri, appena 6 secondi. Un'inezia, ma gigantesca.


Piccardi Gaia
Pagina 53
(25 aprile 2007) - Corriere della Sera

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