27/08/05

Shosholoza riempe la Coppa di sogni


Il team di Città del Capo dell' italiano Sarno centra la prima vittoria africana in America' s Cup.

Dal nostro inviato a MALMOE (Sve) «Vi dico la verità: ho pianto. Era due anni che aspettavo questo momento, sapevo che sarebbe successo perché il computer ci dava ragione, ci diceva che con le nostre prestazioni dovevamo fare di più. Dovevamo vincere». Nella capiente e variegata storia di coppa America il 26 agosto 2005 ha un significato particolare, non solo per Salvatore Sarno, il proprietario delle sopraccitate lacrime, ma per tutto lo sport africano: una barca del continente nero ha vinto una regata di coppa America. Non si accettano fiscalismi, la seconda giornata dell' Act 6 della Vuitton Cup a tutti gli effetti fa parte del programma-2007 e Shosholoza, con i suoi ragazzi in grigio (alcuni dei quali raccolti dalla strada) è a tutti gli effetti una delle realtà più effervescenti. Come il suo capitano, il comandante Sarno che questa storica vittoria l' ha rosicchiata dal gommone. «Non lo faccio quasi mai, ma ieri è arrivato un cliente dalla Russia, mi ha chiesto di fare il 18°. Ha vinto. Nel pomeriggio sono risalito, ma nel pre-partenza con +39, abbiamo rotto il boma. Così ci ho riflettuto, viste anche le mie origini, quasi quasi non ci salgo più...». Aggiunge sorridendo, Shosholoza è una sua creatura dalla testa al vestito. «Sì quei disegni tribali sono opera mia», racconta divertito. E' sua anche l' ultima idea, la dedica a Nelson Mandela. «Lui è un personaggio importantissimo per il Sud Africa, poco prima di partire gli abbiamo mandato una petizione firmata da tutti i membri dell' equipaggio, nel quale gli chiedevamo di averlo come 18° uomo onorario. Nonostante la sua immagine e il suo volto siano molto ambiti, ha accettato. Sarà con noi». Una bella soddisfazione per il giovanile 58enne partito da Nocera Inferiore molti anni fa. «Per essere un uomo della Msc, allora appena nata». Anzi grazie alla compagnia diventa uno dei più giovani capitani d' Italia. Va a Bruxelles, lascia il timone e si siede (saltuariamente) dietro una scrivania. Oggi dirige (con l' aiuto di moglie e figli, tutti coinvolti naturalmente anche nella sfida-Shosholoza) la Msc a Durban. Mille e 500 persone sotto il suo controllo diretto, di cui discute «col boss, Gianluigi Aponte» che in questa Coppa firma le fiancate di Alinghi, oltre che quelle sudafricane. «E' un po' che gli voglio telefonare, ma non c' era nulla da dirgli. Ora abbiamo una buona notizia». Anche grazie ai cambi operati nel pozzetto per queste regate (è stato chiamato al timone l' inglese Chris Law un esperto di match race, che ieri ha costruito il successo portando lontano dalla boa Victory e poi controllandone il ritorno) e ha comperato un albero nuovo da Alinghi («il primo nostro, sbagliato, ci ha fatto perdere 6 mesi». Tutto è iniziato quasi due anni fa quando Sarno, da sempre appassionato di vela (ha una lunga serie di regate all' attivo, quasi tutte corse coi suoi numerosi Bella Mia), quando il comandante decide di acquistare (per 500.000 euro) una Luna Rossa, Ita48, poco usata nel 2000. La barca è molto più sfruttata in Sud Africa, dove diventa la prima barca «nera» della storia dell' America' s Cup. Allenamenti, lavoro, pochi soldi e un programma. «Se siete venuti qui per il denaro - ha detto alla sua «ciurma» Sarno una mattina - avete sbagliato indirizzo. Vi garantisco una paga di poco superiore a quella che prendete oggi, ma vi prometto che faremo la Coppa e che un giorno il presidente Mbeki vi dirà: "Il Sud Africa è orgoglioso di voi"». L' equipaggio in questione era formato da 8 ragazzi neri che qualche mese fa si sono licenziati e imbarcati su Shosholoza (che significa mi muovo in avanti ondeggiando, è una sorta di inno nazionale zulu). «Ma la cosa bella è che oggi in Sud Africa sono tanti i ragazzi che dicono "vogliamo fare la coppa America"». Con la Marina Militare (e Msc ovviamente), da 5 anni, porta avanti un progetto per recuperare i giovani di strada e portarli fino a un lavoro. Magari nella vela. «Saranno già un centinaio gli iscritti, ma vogliamo fare di più. Adesso la sera devono tornare a casa, nei nostri sogni c' è anche un collegio, perché possano restare lì a dormire e li possiamo seguire fino all' Università». A Sarno brillano gli occhi: non ti racconta che Soweto è un giardino fiorito e che da quelle parti non esistono problemi, ma non s' arrende. Assomiglia a una delle grandi navi che gestisce, non si ferma mai. «Qualche tempo siamo stati accolti in parlamento dove ero andato a esporre i nostri progetti, Shosholoza e Izivunguvungu (il profetico nome della fondazione, Vai via con il vento). Ci hanno fatto i complimenti, ci hanno promesso l' aiuto e ci hanno detto: "Questa nazione non appartiene né ai bianchi, né ai neri, ma alla gente che ci vive. Voi lo avete capito e lo avete realizzato. Grazie a uno straniero...». Sì, comandante Sarno, quelle lacrime erano più che giustificate.
Pasini Gian Luca dalla Gazzetta dello Sport del 27 Agosto 2005

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